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24^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (A)

 

1^ Lettura (Sir. 27, 30 - 28, 7)

Dal libro del Siracide.

Il rancore e l'ira sono un abominio, il peccatore li possiede. Chi si vendica avrà la vendetta dal Signore ed egli terrà sempre presenti i suoi peccati. Perdona l'offesa al tuo prossimo e allora per la tua preghiera ti saranno rimessi i peccati. Se qualcuno conserva la collera verso un altro uomo, come oserà chiedere la guarigione al Signore? Egli non ha misericordia per l'uomo suo simile, e osa pregare per i suoi peccati? Egli, che è soltanto carne, conserva rancore; chi perdonerà i suoi peccati? Ricordati della tua fine e smetti di odiare, ricordati della corruzione e della morte e resta fedele ai comandamenti. Ricordati dei comandamenti e non aver rancore verso il prossimo, dell'alleanza con l'Altissimo e non far conto dell'offesa subita.

 

2^ Lettura (Rm. 14, 7-9)

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani.

Fratelli, nessuno di voi vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo dunque del Signore. Per questo infatti Cristo è morto ed è ritornato alla vita: per essere il Signore dei morti e dei vivi.

 

Vangelo (Mt: 18, 21-35)

Dal vangelo secondo Matteo.

In quel tempo, Pietro gli si avvicinò e gli disse: "Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?". E Gesù gli rispose: "Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette. A proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi. Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti. Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito. Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa. Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi! Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito. Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato. Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te? E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello ".

 

RIFLESSIONE

 

Pietro, avrà molti limiti e difetti, ma è uno che ascolta e che ricorda. Ricorda che Gesù lo ha chiamato addirittura "Satana", divisore dalla volontà di Dio, ma ricorda anche che per questo non lo ha cacciato, ha ascoltato del valore della pazienza e della correzione fraterna, ha sentito Gesù che molte volte ha parlato del perdono e del Padre misericordioso lo ha visto perdonare concretamente peccatori e pubblicani, e allora nel dialogo con Gesù esagera: "Devo perdonare al mio fratello fino a sette volte?" E pensate che nella Bibbia i numeri vanno oltre al semplice valore quantitativo. Era come se Pietro avesse detto: "Devo perdonare due volte il numero della perfezione più un pezzo ancora?", e si sente rispondere da Gesù: "Devi perdonare settanta volte sette", cioè sempre. Viene voglia di dire: "Signore ti abbiamo dato la mano ma tu dopo di essa hai preso il braccio e poi tutti noi stessi! Non è un po’ esagerato?" Già l’Antico Testamento aveva fatto dei passi da gigante, dalla vendetta predicata come legge si era passati alla legge del taglione in cui era permesso rispondere solo nella misura in cui si era stati offesi, nella letteratura sapienziale si era poi giunti a dire: "Devo perdonare se no sarà peggio per me, perché Dio non mi perdonerà, debbo perdonare perché è un comando e non dobbiamo disobbedire( un po’ come se dicessi ti perdono perché voglio andare in paradiso)", ma ora Gesù chiedendoci di perdonare sempre ci dà altre motivazioni. Egli attraverso la parabola ci indica un servo che ha accumulato con il suo padrone un debito spropositato (c’è chi facendo i conti dice che il debito era tra i cinquanta e i cento miliardi delle nostre vecchie e care lire). L’uomo che cos’ha che non gli sia stato dato? La vita, la natura, l’intelligenza… noi abbiamo un cumulo di debiti con il Signore, e che cosa gli abbiamo restituito? Spesso ingratitudine, egoismo, disinteresse, caparbietà… E il debito aumenta giorno per giorno e non abbiamo assolutamente niente di nostro neanche per cominciare a ripagare almeno qualcosa di questo debito in costante aumento. Non ci resta che chiedere perdono e fidarsi della misericordia del nostro Signore. Ed Egli, davanti alla richiesta di perdono è sempre disposto a perdonare. Si racconta di un santo che ebbe una visione e vide che Satana si era presentato davanti a Dio e si lamentava con Lui dicendogli: "Io ho peccato contro di Te una volta sola e c’è una dannazione eterna per me, l’uomo ha peccato migliaia di volte e tu sei sempre pronto a perdonarlo: non è un’ingiustizia questa?" Udì Dio rispondergli: "Ma tu neanche una sola volta mi hai chiesto perdono". Dio vuole la nostra salvezza non la nostra dannazione. Dio ha mandato suo Figlio che ha dato la sua vita per noi non perché eravamo bravi, ma proprio perché peccatori. Gesù ovunque è passato ha portato il perdono di Dio, la Chiesa attraverso il sacramento della penitenza è sempre disposta a dare il perdono ad un peccatore pentito. Da questo perdono ricevuto dovrebbe nascere la capacità a nostra volta di perdonare. Noi siamo una comunità di fratelli perdonati che a loro volta offrono il perdono. In pratica: chi ha sperimentato la gioia di essere perdonato non può che, a sua volta, comunicarla agli altri. Un cuore rinnovato dal perdono diventa fonte di perdono. O almeno dovrebbe (questo Dio si aspetterebbe).

Perdonare è, dunque, davvero una cosa grande e degna dell'uomo e indispensabile per vivere insieme e in pace. E’ l’uomo che si comporta da Dio e ne guadagna anche per sé in quanto allontana da sé l’odio, il rancore, la vendetta, vive più sereno ed evita certe ulcere al fegato dovute alla rabbia. Eppure, quante obiezioni al perdonare! Qualcuno dice che perdonare e proprio di chi non sa lottare perché il bene trionfi, qualcun altro dice che è lasciare che il male trionfi e quindi essere conniventi con esso, qualcuno dice che il troppo perdono fa si che chi è perdonato non si senta invogliato a cambiare. Perdonare da cristiani non significa rinunciare a lottare, quando si tratta di torti continuati che si configurano come sopruso e ingiustizia contro di noi, o contro dei fratelli. Sono due sentimenti e atteggiamenti che non si escludono, come non si escludono correzione e perdono. Gesù ne ha dato l'esempio: Egli durante la sua vita ha lottato e ha perdonato. Una distinzione antica ci può sempre aiutare: distinguere la persona dal male. Il male è sempre da condannare, da evitare, da controbattere con il bene, ma la persona che commette il male è un Figlio di Dio con possibilità enormi e su questo devo fondare il mio perdono e la mia fiducia. Altra cosa a cui stare attenti è quella di perdonare solo nell’intimo: credere che basti smettere di odiare nel cuore, senza fare alcun gesto. Non è questo che intendeva Gesù: il perdono che egli ama è quello che si manifesta concretamente, che porta alla riconciliazione. La riconciliazione è il coronamento evangelico del perdono, quello che fa guadagnare davvero il fratello, che ristabilisce l'unità tra i figli di Dio e fa la gioia del Padre celeste; quello che edifica la comunità: "Se presenti la tua offerta sull'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono e va' prima a riconciliarti con tuo fratello". L’obiezione che sembra la più forte al perdono è che molti dicono: "Io vorrei perdonare, ma non ci riesco. Non riesco a dimenticare; appena vedo la persona, il sangue mi ribolle..." A questi Gesù sembra dire: non ti preoccupare di quello che senti. E normale che la natura reagisca a modo suo. L’importante non è ciò che senti, ma ciò che vuoi. Se vuoi perdonare, se lo desideri, hai già perdonato. Non devi attingere da te stesso la forza di perdonare ma da Cristo. Il perdono cristiano è un cammino continuo e faticoso, ma come ci ha suggerito Gesù ad esso si arriva solo e sempre con lo sguardo fisso al Padre. Un esercizio che può aiutarci su questa strada è quello di cominciare, ogni volta che recitiamo personalmente il Padre nostro, ad arrivare a quella frase: "Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo…" provando ad aggiungerci: "come io vorrei cercare di perdonare … (è lì dire il nome della persona con cui siamo in particolare difficoltà). Forse chiedendo aiuto a Dio e con il tempo riusciremo a modificare ancora dicendo: "Come io perdono a lui." Tuttavia dobbiamo stare attenti a non cadere in una trappola. C’è un rischio anche nel perdono. Consiste nel formarsi la mentalità di chi crede di avere sempre qualcosa da perdonare agli altri. il pericolo di credersi sempre creditori di perdono, mai debitori. Se riflettessimo bene, molte volte, quando stiamo per dire: «Ti perdono!», cambieremmo atteggiamento e parole e diremmo alla persona che ci sta davanti: «Perdonami!». Ci accorgeremmo cioè che anche noi abbiamo qualcosa da farci perdonare da lei. Più importante ancora che perdonare, è dunque chiedere perdono.

 

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